Carta della Gallia Cisalpina con i vari nomi delle popolazioni Celtiche e/o Liguri. In questa carta si ipotizza l'esistenza di un mare Padano. Da costumilombardi.it |
Gli antichi Liguri erano un
popolo autoctono dell'Europa occidentale e atlantica,
già stanziato in Europa almeno 10.000 anni fa e quindi di
probabile derivazione dall'Uomo di Cro-Magnon, le cui testimonianze
risalenti al Paleolitico sono state ritrovate nel sud della Francia
fino alla costa Azzurra e nel ponente della Liguria. Le antiche
popolazioni liguri erano insediate lungo le coste e nell'entroterra
del mari Ligure e Tirreno fino al centro Italia, nella pianura Padana
fino a Prealpi ed Alpi, nel sud della Francia, nei Paesi Baschi e
lungo la costa orientale della penisola iberica fino all'Andalusia,
al Portogallo e alla Galizia, da cui sembra intrattenessero traffici,
via mare, con la costa atlantica francese, la Bretagna armoricana e
l'Irlanda, oltre al meridione della Britannia. Il professor Adolf
Schulten pensava che la lingua basca fosse una reliquia dell'antico
linguaggio dei Liguri e gli studi condotti portano ad ipotizzare che
l'origine del popolo basco sia da ricondurre alle antiche popolazioni
umane autoctone che abitavano l'Europa durante il paleolitico e che,
a seguito dell'ultima glaciazione (di Würm), si erano insediate
nell'attuale area dei Paesi Baschi, a sud dei Pirenei. Se quindi i
Baschi appartenevano ad una famiglia di popolazioni proto-Liguri, si
evince come la genesi Ligure sia autoctona.
Quindi, nell'Italia Nord Occidentale e nella Francia Meridionale, tra l'Età del Bronzo Medio (1.600 a.C. circa) e l'inizio dell'Età del Ferro (900 a.C. circa), erano stanziati gli gli antichi Liguri, mentre nel territorio compreso fra il Po e le Alpi Lepontine, fra il Serio ad est e il Sesia ad ovest, dal 1.200 a.C. si sviluppava invece la cosiddetta Cultura celtica di Golasecca, civiltà che ha preso il nome dalla località di Golasecca (in provincia di Varese, sulle rive del fiume Ticino), dove, all'inizio del XIX secolo, l'abate Giovanni Battista Giani effettuò i primi ritrovamenti che ritenne testimonianze della battaglia avvenuta, durante la seconda guerra punica, tra Annibale e Scipione, tesi già sostenuta precedentemente da Carlo Amoretti, erudito viaggiatore settecentesco. È, però, nel 1865 che Gabriel De Mortillet attribuisce tali reperti ad una civiltà autonoma preromana. I Celti a cui, probabilmente, si deve l'origine di tale cultura erano popolazioni di ceppo indoeuropeo. Giunsero in Europa in varie ondate, provenienti dall'Asia centrale, fra il 3500 e il 1500 a.C., attraverso il Caucaso e il Medio Oriente. Le zone europee in cui si svilupparono i primi segni della cultura celtica furono appunto, l’area di Golasecca nel XII-X secolo a.C., l’area mineraria di Hallstatt (in Austria, non lontano da Salzburg) dove si sviluppò intorno all’VIII secolo a.C. e infine il sito di La Tène (in Svizzera, sul lago di Neuchatel), dove raggiunsero la massima espressione artistica, sociale e spirituale nel VI-V secolo a.C.. Le popolazioni celtiche consolidarono poi i loro stanziamenti in Italia settentrionale, nell’intero territorio austriaco e svizzero, nella Germania meridionale e in parte dell’Europa centro-orientale, nei Balcani fino all’area centrale della penisola Anatolica, in Francia fino alla Bretagna armoricana, nel settentrione della penisola Iberica, nel Belgio, in Galles e Scozia in Britannia e in Irlanda. Per quanto riguarda l'area Golasecchiana, si può presumere che la struttura sociale adottata dai Celti fosse strutturata gerarchicamente e che la popolazione fosse stanziate nei villaggi situati presso le necropoli ritrovate. Era praticata l'agricoltura, la tessitura e l'allevamento, che permetteva la produzione di carne e formaggi. L’ampia circolazione di manufatti golasecchiani a nord delle Alpi si sviluppava parallelamente all’espansione e all’aumento del volume dei commerci con l’Etruria Padana. Gli insediamenti golasecchiani erano di grande importanza strategica, dato che si trovavano lungo i percorsi verso i valichi alpini del San Bernardino, San Gottardo e Sempione. Dal ritrovamento di vari suppellettili si deduce che i Golasecchiani commerciassero non solo con i Liguri, ma anche con Etruschi, Greci, popoli dell'Italia Centro-meridionale ed insulare, fungendo anche da intermediari con i Celti del nord, delle future culture di Hallstatt e di La Tène. La rete di scambi comprendeva la Cornovaglia, la Bretagna e la Galizia, regioni da cui proveniva lo stagno necessario alla produzione del bronzo. Dalle regioni Baltiche proveniva, invece, l'ambra.
- Polibio (206 a.C. circa - 124 a.C.) trova un fondamento di popolazioni liguri in varie parti della Toscana e Marco Giuniano Giustino (storico romano dell'epoca degli Antonini, il II secolo) scrive che la città di Pisa era stata fondata dai Liguri e che poi, espulsi dagli Etruschi, sostennero lunghe lotte contro di essi, ragion per cui i loro confini politici si erano ridotti dall'Arno alla Magra, mentre la città di Luni, col suo meraviglioso porto, era stata alternativamente posseduta da Liguri ed Etruschi. Sulla destra del Po, pare che la Trebbia e tutt'al più il Taro fossero i loro confini accertati, mentre negli Appennini avanzarono fino al corso superiore della Secchia e i Liguri Friniati erano fra le valli della Secchia e del Panaro, da cui l'ancora attuale nome di Frignano. Piacenza era una colonia romana e in quel di Modena e Reggio, i Liguri discesero più volte dai loro monti a saccheggiare il paese e le città, ma pare che non vi si stanziassero stabilmente in tempi storici, mentre sembra che l'avessero fatto in età protostoriche. Anche sulla sinistra del Po i Liguri tennero le posizioni contro Umbri ed Etruschi ancora in tempi storici, certamente fino al Ticino, sul quale fondarono una città (ora Pavia), finché nel secolo VII a.C. secondo Livio, nel IV a.C. secondo altri, concessero spontaneamente la via ai Celti, se non addirittura li chiamarono essi stessi a danno degli Etruschi. I Celti occuparono successivamente tutta l'Etruria circumpadana e pare che i Liguri gli abbiano lasciato la dominazione di quasi tutta la sponda sinistra del Po nelle regioni subalpine, il cui possedimento era indispensabile ai Celti per avere libero il passaggio verso la Gallia transalpina dalla quale erano giunti e dalla quale continuavano a giungere altri gruppi. In quel tratto di terre subalpine, alla venuta d'Annibale, dominavano ancora i Celti, certamente fino alla Dora Baltea e forse alla Riparia.
Va precisato che "Galli" era il nome con cui i Romani indicavano i Celti, che abitavano la Gallia, formata da varie Gallie: l'Italia settentrionale (la Gallia Cisalpina = al di qua delle Alpi) a nord del fiume Esino nelle Marche e della Magra in Liguria, con l'Appennino Tosco-Emiliano di mezzo, la Francia fino alla riva occidentale del Reno(Gallia Transalpina = attraversate le Alpi e Celtica), Belgio e Paesi Bassi (Gallia Belgica), Svizzera (Gallia Elvetica, degli Elveti).
(LA)
«Gallia est omnis divisa in partes
tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui
ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur»
(IT)
«La Gallia è, nel suo complesso,
divisa in tre parti: la prima la abitano i Belgi, l'altra gli
Aquitani, la terza quelli che nella loro lingua prendono il nome di
Celti, nella nostra, di Galli»
(Gaio Giulio Cesare, De bello Gallico,
I, 1)
Nel corso del II secolo a.C. vennero
definitivamente inglobati nello stato romano sia i Galli dell'Italia
settentrionale sia quelli di gran parte dell'attuale Mezzogiorno
francese. Politicamente disomogenei, frazionati in varie tribù tra
loro spesso in conflitto, i Galli rimasti ancora indipendenti si
sottomisero a Roma solo nel 51 a.C., a seguito di una serie di
campagne condotte da Giulio Cesare.
Stando allo storico greco in Italia Polibio, intorno al 400 a.C., un gruppo di Celti Senoni attraversò le Alpi e, scacciati gli Umbri, si stanziò sulla costa orientale dell'Italia, fra i territori orientali della Romagna e la costa anconetana delle Marche, in quello che venne denominato in età augustea "Ager Gallicus", a est del fiume Montone, mentre a ovest del fiume Montone iniziava il territorio dei Galli Boi, che avevano occupato anche l'antica Bologna etrusca: Fèlsina. Tale posizione, strategica per i contatti con le vie marittime e la valle del Tevere, fu il punto di partenza per le loro successive incursioni nell'Italia meridionale e centrale. Lì fondarono Sena Gallica (Senigallia), che divenne la loro capitale. Nel 391 a.C. invasero l'Etruria e assediarono Chiusi. Gli abitanti di questa città chiesero aiuto a Roma che intervenne, ma fu sconfitta nella battaglia del fiume Allia il 18 luglio del 390 a.C. (dalla cronologia di Varrone) o nel 387 secondo Polibio. Nel 390 a.C. i Galli (esattamente i Celti Senoni) di Brenno (in realtà Brennan, nome del dio della guerra, era assunto da ogni capotribù in battaglia) giungono fino a Roma, la vincono e la saccheggiano. Per impedire che gli invasori incendiassero la città, i romani furono costretti all'umiliante riscatto di mille libbre d'oro, e celebre è rimasto l'episodio in cui, durante la pesatura dell'oro, i Romani si lamentarono dell'inesattezza della quantità conteggiata dai Galli. Brenno aggiunse la propria spada al contrappeso della bilancia esclamando "Guai ai vinti!". Un esercito di soccorso guidato dal dittatore Camillo riuscì poi a liberare la città. Questa vicenda scosse molto la Repubblica di Roma, che riorganizzò il proprio assetto militare per non dovere mai più rischiare l'indipendenza. I Celti italici avevano mantenuto relazioni con quelli d’Oltralpe e l'invasione del IV sec. fu preparata ed eseguita con la loro collaborazione.
Nel 218 a.C. scoppia la seconda guerra
punica fra Roma e Cartagine, con l'invasione dell'Italia da parte di
Annibale Barca, figlio di Amilcare Barca, che era stato il comandante
supremo dell'esercito cartaginese. Annibale, della famiglia Barca
(Barca in cartaginese significava "folgore") valicò con
esercito ed elefanti le Alpi occidentali per cogliere Roma alle
spalle. Probabilmente gli elefanti morirono quasi tutti
nell'attraversamento delle Alpi e Annibale, disponendo di pochi
uomini rispetto ai Romani e alleati, contava probabilmente sulla
sollevazione degli alleati contro Roma stessa, infatti i Celti si
allearono a lui, e così fece Capua, che fu poi punita con la
distruzione. Invece, anche popolazioni da poco romanizzate, che
potessero covare rancori, come i Sanniti, tennero fede all'alleanza:
l'integrazione aveva dati quindi ai romani buoni frutti, e
probabilmente vantaggi agli alleati.
Carta della Gallia Cisalpina con i vari nomi delle popolazioni Celtiche e/o Liguri. Clicca sull'immagine per ingrandirla. |
Carta delle espansioni dei Liguri. Clicca sull'immagine per ingrandirla. |
Dominique François Louis Roget de Belloguet ne sostenne invece un'origine "gallica". Sempre a favore di un'origine pre-indoeuropea furono Henri d'Arbois de Jubainville, storico francese ottocentesco, che sostenne che i Liguri, insieme agli Iberi, costituissero i resti della popolazione autoctona che si era diffusa nell'Europa occidentale con la cultura della ceramica cardiale e Arturo Issel, geologo e paleontologo genovese, li considerò diretti discendenti dell'Uomo di Cro-Magnon, e diffusi a partire dal mesolitico in tutta la Gallia.
- Convenzionalmente e tradizionalmente gli antichi Liguri vengono ritenuti un gruppo di popoli di lingua inizialmente non indoeuropea (pre-indeuropei), provenienti dalla Penisola iberica e stanziatisi in epoca Preistorica in Linguadoca e nell'Italia Nord-occidentale. Della lingua parlata si conoscono solo toponimi e antroponimi, terminanti con suffisso in -asca o in -asco. Si tratta di una lingua probabilmente pre-indoeuropea con influenze celtiche e latine. Secondo il linguista Xavier Delamarre sarebbe una lingua celtica simile al gallico. Fondendosi progressivamente con elementi Indoeuropei divennero essi stessi Proto-Indoeuropei, parlanti un miscuglio delle due lingue, durante il Neolitico;
Indoeuropei, parlanti un lingua ancora non specializzatasi nei vari dialetti, tra il 3000 ed il 2000 a.C.;
Proto-celti, parlanti una forma arcaica di celta con influssi antico-liguri, tra il 2000 ed il 1000 a.C. ed, infine, Celti o celtizzati, con la fusione e scomparsa delle reminiscenze linguistiche liguri, dal 1000 a.C. in poi.
In epoca romana la Liguria presenta per lo meno cinque strati linguistici ben identificati:
latino, gallico, lepontico, antico europeo e pre-indoeuropeo.
latino, gallico, lepontico, antico europeo e pre-indoeuropeo.
- Tra il V ed il IV secolo a.C. furono frequenti i contatti commerciali dei Liguri con Etruschi, Cartaginesi, Campani e principalmente con i Greci Ateniesi e Massalioti, ma nessuno di questi popoli subentrò mai ai Liguri.
Genova, abitata dai Liguri Genuati, era considerata dai Greci, dato il suo forte carattere commerciale, "l'emporio dei Liguri": legname per la costruzione navale, bestiame, pelli, miele, tessuti erano alcuni dei prodotti genovesi di scambio commerciale. A Genova il nucleo urbano del Castello iniziò, per i fiorenti commerci, ad ampliarsi verso l'odierna Prè (la zona dei prati) e verso il Rivo Torbido.
Nel III secolo a.C. i Liguri si scontrarono con l'espansionismo dei Romani provenienti da sud e lo scontro tra i due popoli fu lungo e sanguinoso.
Le ostilità furono aperte nel 238 a.C. da una coalizione di Liguri e di Galli Boi, ma i due popoli si trovarono ben presto in disaccordo e la campagna militare si arrestò con lo sciogliersi dell'alleanza.
Durante la seconda guerra punica i Liguri fornirono soldati, esploratori e guide alle truppe di Annibale al momento di varcare gli Appennini.
Carta della II guerra Punica del 218 a.C. con il territorio dei Liguri |
I Liguri speravano infatti che il generale cartaginese li liberasse dal vicino romano e parteciparono alla battaglia della Trebbia, in cui i cartaginesi ottennero la vittoria.
Altri Liguri si arruolarono nell'esercito di Asdrubale quando questi calò in Italia nel 207 a.C. nel tentativo di ricongiungersi con le truppe del fratello Annibale.
Nel porto di Savo (l'attuale Savona) allora capitale dei Liguri Sabazi, trovarono riparo le navi triremi della flotta cartaginese del generale Magone Barca, fratello di Annibale, destinate a tagliare le rotte commerciali romane nel mar Tirreno.
I Liguri si divisero comunque tra alleati di Cartagine e alleati di Roma.
Con la definitiva sconfitta di Annibale a Zama nel 203 a.C. i Romani ripresero la campagna contro i Liguri. Questa seconda fase di scontro si concretizzò in una lunghissima campagna militare che durò dal 197 a.C. al 155 a.C. Storicamente l'inizio della campagna viene datato al 193 a.C. per iniziativa dei conciliabula (federazioni) dei Liguri, che organizzano una grande scorreria spingendosi fino alla riva destra del fiume Arno. In realtà i Romani avevano iniziato alcune limitate operazioni militari lungo l'appennino già negli anni precedenti (vedi ad esempio le operazioni del console Minucio Rufo del 197 a.C. a Casteggio).
Nel corso di tutta la guerra i Romani vantarono 15 trionfi e almeno una grave sconfitta.
Nel 186 a.C. i Romani vennero battuti dai Liguri nella valle del Magra; nella battaglia, che avvenne in un luogo stretto e dirupato, i Romani persero circa 4.000 soldati, tre insegne d'aquila della seconda legione e undici vessilli degli alleati latini. Inoltre, nello scontro rimase ucciso anche il console Quinto Marzio.
Si pensa che il luogo della battaglia e della morte del console abbia dato origine al toponimo di "Marciaso" o a quello del "Canale del marzo" sul Monte Caprione nel comune di Lerici e vicino ai ruderi della città di Luni, che sarà poi fondata dai Romani. Tale monte aveva un'importanza strategica perché da esso si controllava la valle del Magra ed il mare.
Nel 180 a.C. i proconsoli Romani Publio Cornelio Cetego e Marco Bebio Tanfilo inflissero una gravissima sconfitta ai Liguri (soprattutto ai Liguri Apuani, irriducibili ribelli), e ne deportarono ben 40.000 nelle regioni del Sannio (compresa tra Avellino e Benevento). A questa deportazione ne seguì un'altra di 7.000 Liguri nel corso dell'anno successivo. Questi sono stati uno dei pochi casi in cui i Romani hanno deportato popolazioni sconfitte ed in numero così elevato. Nel corso della campagna i Romani fondarono, su agglomerati preesistenti, le colonie di Lucca (180 a.C.) e di Luni (177 a.C.), originariamente concepite come avamposti militari per il controllo del territorio e come basi di rifornimento per le legioni impegnate nella guerra.
Già nel 177 a.C. gli ultimi gruppi di Liguri Apuani si arresero alle forze romane, mentre la campagna militare continuava più a nord. Le ultime resistenze furono vinte nel 155 a.C. dal console Marco Claudio Marcello.
Quando i Romani conquistarono il loro territorio, con l'aiuto dei loro federati Genuates, i genovesi, la regione prese il nome di Liguria. Nell'anno 6, l'imperatore Ottaviano Augusto riformò amministrativamente il territorio italiano e la Liguria diventò la IX Regio dell'Impero romano, la quale si estendeva dalle Alpi Marittime e Cozie, al Po, al Trebbia e al Magra.
Anche dopo la loro sconfitta definitiva alcuni contingenti di Liguri operarono per qualche tempo come ausiliari negli eserciti romani, combattendo nella guerra contro Giugurta e nella campagna contro i Cimbri e i Teutoni, e una legione di Liguri era stanziata ad Olbia per opporsi alle incursioni dei Sardi dell'interno.
Lo storico greco del I secolo Plutarco riferisce che davano a se stessi il nome di Ambrones, lo stesso di una delle tribù celtiche alleate con Cimbri e Teutoni.
Nel 102 a.C. i Celti Ambroni con i Cimbri ed i Teutoni, avendo l'intento di invadere il territorio italico, tennero una base in Gallia dividendosi poi in due fronti. Gli Ambroni ed i Teutoni transitarono in Liguria, a est di Marsiglia, mentre i Cimbri entrarono in Italia passando dal valico del Brennero, nell'odierno Sud Tirolo (per noi l'Alto Adige). A questo punto i Romani decisero di nominare per la quinta volta console Gaio Mario, inusitatamente, visto che tale ruolo, valido per un anno, non era affidato consecutivamente.
Mario marciò in Liguria stabilendo un campo sul percorso del nemico. I Teutoni assaltarono il campo venendo respinti. Decisero di proseguire aggirando il campo. Mario li seguì accampandosi vicino a quella che sarebbe passata alla storia col nome di battaglia di Aquae Sextiae, ai piedi delle Alpi (l'attuale Aix en Provence).
L'anno era il 102 a.C. La battaglia iniziò come incontro casuale, ma i Romani la trasformarono in schiacciante vittoria. Quando gli Ambroni attaccarono i Romani questi stavano attingendo l'acqua da un vicino fiume. I Liguri erano alleati dei Romani, e accorsero per aiutarli ricacciando gli Ambroni dietro al fiume. I Romani compattarono i ranghi rigettando gli Ambroni che tentavano di nuovo di oltrepassare il fiume. Gli Ambroni persero buona parte delle loro forze. Due giorni dopo Mario respinse un attacco al campo e strinse le forze nemiche tra il proprio esercito ed un'imboscata di 3.000 uomini alle spalle. Mario fece 100.000 prigionieri, praticamente annientando gli Ambroni. Il campo presente in Gallia sopravvisse alla disfatta. Fondendosi con i Celti locali, diedero vita ad una nuova tribù, gli Aduatuci. Fu la fine degli Ambroni. Questa storia si può trovare nell'opera Vite Parallele di Plutarco, per la precisione nella vita di Gaio Mario scritta nell'80. Plutarco, nella vita di Mario (10, 5-6), scrive che gli Ambroni cominciarono a gridare "Ambrones!" all'inizio della battaglia; i Liguri, che fiancheggiavano i Romani, sentendo l'urlo e riconoscendo il nome che anch'essi usavano per i loro discendenti (οὕτως κατὰ ὀνομάζουσι Λίγυες), risposero con lo stesso grido "Ambrones!"
- Diversi autori (Diodoro Siculo, Virgilio, Livio, Cicerone) riportano come i Liguri ancora nel II secolo a.C. vivessero in condizioni primitive e ci consegnano l’immagine di un popolo semiselvaggio, ferino, i cui guerrieri incutono timore solo con il loro aspetto.
Nel contempo vengono però sottolineate le qualità di solidarietà di una popolazione agricola e pastorale non ancora divisa in classi e in cui le donne affrontano le stesse fatiche degli uomini in una terra definita sassosa, sterile, aspra o coperta di alberi .
Non tutti gli autori antichi esprimono giudizi positivi, ad esempio Marco Porcio Catone definisce i Liguri ignoranti e bugiardi, un popolo che ha perso memoria delle proprie origini. Tutti questi elementi ci fanno capire come i Liguri, popolo antichissimo la cui diffusione in tempi remoti interessò gran parte del Mediterraneo Occidentale, furono assoggettati non senza difficoltà dai Romani, nei confronti dei quali la mancanza di una cultura, di tradizioni radicate, di una identità, di un’unità politica e di una classe nobiliare con potere decisionale, furono motivo di debolezza non sufficientemente bilanciata dal vigoroso temperamento che li caratterizzava.
In epoca romana la Liguria presenta per lo meno cinque strati linguistici ben identificati:
latino, gallico, lepontico, antico europeo e pre-indoeuropeo.
In epoca romana la Liguria presenta per lo meno cinque strati linguistici ben identificati:
latino, gallico, lepontico, antico europeo e pre-indoeuropeo.
I Liguri, descritti fisicamente di taglia robusta, asciutti, muscolosi, audaci ed indomiti oltre che mercanti e navigatori erano anche ricercati, come soldati di ventura, dai Cartaginesi nelle loro campagne militari, come successe nella spedizione di Annibale Barca durante la II guerra punica, (battaglia del Trebbia) oltre alle guide appenniniche, che erano Liguri
Liguri - Coppia di Celtoliguri |
La natura ed i boschi erano considerati i luoghi magici per eccellenza, e per questo sacri e rispettati; così le cerimonie ed i riti sciamanici venivano ufficiati nei boschi in siti occultati dalla vegetazione preparati ad hoc con menhir particolari. Queste particolari pietre oblunghe conficcate nel terreno dei boschi terminavano con teste umane, e probabilmente rappresentavano la nascita dal grembo materno e simboleggiavano la provenienza della loro razza scaturita direttamente dal grembo della terra e dalla natura. Le teste, così tanto rappresentate, per i Liguri erano la sede dell'anima il centro delle emozioni ed il punto del corpo dove erano concentrati tutti i sensi, di conseguenza l'essenza del divino e da qui il suo culto.
Erano dediti all'agricoltura, alla metallurgia, al commercio, alla caccia, alla predoneria e ad altre attività produttive. I Liguri abitavano in borghi formati da capanne sparse, preferibilmente a "mezza costa" di pendii montagnosi per sfruttare la posizione elevata ma potendosi meglio organizzare a procacciare cibo che non sulle vette appenniniche o alpine.
Diodoro Siculo scrive dei Liguri: «Essendo il loro paese montuoso e pieno di alberi, gli uni di essi tutto quanto il giorno impiegano in tagliar legname, a ciò adoperando forti e pesanti scuri; altri, che vogliono coltivare la terra, debbono occuparsi in rompere sassi, poiché tanto è arido il suolo che cogli strumenti non si può levare una zolla, che con essa non si levino sassi. Però, quantunque abbiano a lottare con tante sciagure, a forza di ostinato lavoro superano la natura [...] si danno spesso alla cacciagione, e trovando quantità di selvaggiume, con esso si risarciscono della mancanza di biade; e quindi viene, che scorrendo per le loro montagne coperte di neve, ed assuefacendosi a praticare poi più difficili luoghi delle boscaglie, indurano i loro corpi, e ne fortificano i muscoli mirabilmente. Alcuni di loro per la carestia de' viveri bevono acqua, e vivono di carni di animali domestici e selvatici.» (Diodoro Siculo, in Luca Ponte, Le genovesi)
Diodoro Siculo scrive dei Liguri: «Essendo il loro paese montuoso e pieno di alberi, gli uni di essi tutto quanto il giorno impiegano in tagliar legname, a ciò adoperando forti e pesanti scuri; altri, che vogliono coltivare la terra, debbono occuparsi in rompere sassi, poiché tanto è arido il suolo che cogli strumenti non si può levare una zolla, che con essa non si levino sassi. Però, quantunque abbiano a lottare con tante sciagure, a forza di ostinato lavoro superano la natura [...] si danno spesso alla cacciagione, e trovando quantità di selvaggiume, con esso si risarciscono della mancanza di biade; e quindi viene, che scorrendo per le loro montagne coperte di neve, ed assuefacendosi a praticare poi più difficili luoghi delle boscaglie, indurano i loro corpi, e ne fortificano i muscoli mirabilmente. Alcuni di loro per la carestia de' viveri bevono acqua, e vivono di carni di animali domestici e selvatici.» (Diodoro Siculo, in Luca Ponte, Le genovesi)
«Navigano eziandio per cagione di negozi pel mare di Sardegna e di Libia, spontaneamente esponendosi a pericoli estremi; si servono a ciò di schifi più piccoli delle barchette volgari; né sono pratici del comodo di altre navi; e ciò che fa meraviglia, si è che non temono di sostenere i rischi gravissimi delle tempeste.»
Divisi in tre caste principali (la milizia, gli sciamani e la popolazione produttiva) erano raggruppati in tribù urbanizzate (pagu) collegate tra loro da legami di parentele e condotte ciascuna da un re (rix). I Liguri possedevano uno spiccato spirito egualitario e, a parte il condottiero, la restante popolazione non si poneva in contrasto con differenze e privilegi. Il senso dell'ospitalità era sacro, da come raccontano nell'epopea di Massalia i Greci.
Divisi in tre caste principali (la milizia, gli sciamani e la popolazione produttiva) erano raggruppati in tribù urbanizzate (pagu) collegate tra loro da legami di parentele e condotte ciascuna da un re (rix). I Liguri possedevano uno spiccato spirito egualitario e, a parte il condottiero, la restante popolazione non si poneva in contrasto con differenze e privilegi. Il senso dell'ospitalità era sacro, da come raccontano nell'epopea di Massalia i Greci.
Liguri - Vasi intemeli |
La scelta dello sposo da parte delle donne, nel corso di una cerimonia e di un apposito banchetto, rivela informazioni preziose sull'emancipazione femminile. A tal proposito, sempre Diodoro Siculo nel I secolo a.C. scrive che le donne prendono parte ai lavori di fatica accanto agli uomini. Narrazioni di Tacito, presenti nelle Historiae, ma anche di Strabone, raccontano di coraggiose donne dedite al lavoro.
I Liguri si presentavano in battaglia seminudi o nudi per mostrarsi il più possibile vicino allo stato animale selvaggio e per incutere timore ai Romani con i loro corpi robusti; si mostravano dipinti su tutto il corpo, portavano lunghe chiome impastate e rese rigide con argilla e/o gesso e acconciate a guisa di criniera di cavallo; spesso tutto ciò che indossavano era un paio di calzari di cuoio ed un cinturone per fermare un mantello. Erano armati principalmente con lunghe lance, dette bug, uno scudo bislungo, una spada spesso scadente perché fatta con metalli dolci e molto raramente con arco e frecce che venivano considerate disonorevoli perché poco adatte allo scontro fisico faccia a faccia. Attaccavano con fanti e su carri corazzati ma alcune tribù avevano carpito l'uso delle armi romane adattandosi a queste con nuove tecniche belliche.
La prima ondata di popolazioni di Celti era arrivata in Italia nel VI secolo a.C. a seguito di movimenti migratori innescati nelle steppe asiatiche da stagioni particolarmente fredde e da prolungati periodi di carestia. Ciò aveva attivato una serie di spinte e controspinte verso occidente, diciamo dei "tamponamenti" fra popoli, che avevano obbligato le tribù stanziate nella Pannonia, l'odierna Ungheria, a spostarsi verso il valico di Tarvisio e scendere nelle pianure del nord della penisola, terre scarsamente abitate, fertili, calde e ricche di acqua. La prima invasione aveva motivazioni predatorie e facendosi strada attraverso i dominii etruschi arrivò fino a Roma, messa più volte a sacco. La seconda (quarto secolo) ebbe invece uno scopo stanziale, l'insediamento in terre più ospitali. Ma per impossessarsi di quei territori i Celti dovettero scacciarne i Liguri, all'epoca frammentati in un'infinità di tribù insediate dall'Iberia a quasi tutta la valle Padana sino al moderno Veneto. Sospinti dalle orde celte (Boi, Insubri, Senoni, Cenomani, ecc.) i Liguri padani furono costretti a ritirarsi sull'Appennino e sulle Apuane: molti restarono lassù, sulle vette, vivendo di pastorizia, di abigeato e di agricoltura in quasi assoluta solitudine e povertà, mentre altri scesero a valle, sul mare, instaurando relazioni con progrediti popoli di navigatori, dandosi alla pirateria e ai commerci, salendo quindi alcuni gradini lungo la scala della civiltà.
Erano i Lunensi, i Tigullii, i Genuati, ecc.. Poi, attorno alla metà del terzo secolo a.C., sulla scena comparvero i romani, per cui Celti e Liguri si trovarono a combattere fianco a fianco contro un nemico comune, il che favorì una certa integrazione fra quelle genti. Una prova di questa integrazione fu scoperta all'inizio degli anni Sessanta del '900 sulle prime rampe della strada di Costa di Murlo, alle pendici del monte Parodi, l'altura più alta fra quelle che circondano il golfo della Spezia: una tomba litica, che fu battezzata "Tomba del guerriero", contenente fra gli altri oggetti un elmo celta e una spada ligure, segni evidenti di un'ormai avviata ibridazione dei due popoli. Questi reperti sono esposti al museo archeologico del castello San Giorgio.
ETNIE LIGURI E CELTOLIGURILiguri - Resti di castelliere a Bric Camulà (Arenzano) |
Un dettaglio che testimonia di contatti antichissimi fra i Celti (che i Romani chiamavano Galli) e i Liguri ha incuriosito di recente gli archeologi: la scure di rame trovata addosso a Oetzi, la mummia del cacciatore preistorico scoperta anni fa in ottimo stato di conservazione nel sarcofago di ghiaccio del Similaun, nelle Alpi italo–austriache, è simile alle asce che compaiono come armamento nelle statue–stele della Lunigiana. Oetzi era dunque un apuano? Chissà!
Liguri - Resti di fortificazione sul Monte Vallasa (AL) |
Liguri - Resti di castelliere sul Monte Bignone (Sanremo) |
Liguri - Muro di cinta di castelliere a Verezzi (SV) |
I Liguri sulle montagne e i Celti nelle pianure resero molto dura la vita ai Romani, ma il futuro era ormai scritto. Prima i Sanniti (nel Sannio), poi i Senoni (nelle Marche), quindi i Boi (in Emilia) e i Cenomani (fra l'Adda e l'Oglio), e infine gli Insubri (a Milano) furono sconfitti e sottomessi con perdite spaventose, decine di migliaia di caduti. Nello stesso tempo, dovettero cedere uno dopo l'altro le armi gli Apuani (in Garfagnana e alto Magra), i Friniati (nell'Appennino parmense, reggiano e Modenese, ora chiamato da loro Frignano), i Veleiati (nell'Appennino piacentino) e Ingauni e Intemeli (nel Ponente ligure).
A quel punto tutta la penisola si trovò sotto il domino romano.
Conosciamo i nomi di alcune delle tribù (o pagu) in cui i Liguri si raggruppavano:
Gli Ambroni, che sono nominati come una delle tribù primigenie nella battaglia di Aquae Sextiae (102 a.C.) e citati nella Vita di Mario
Gli Ilvati, abitanti originariamente nell'isola d'Elba ma poi ritiratisi nell'Appennino
I Veituri, (suddivisi nelle sottotribù degli Utrines, Sestrines, Mentovines e dei Langenses), insediati nell'attuale ponente genovese ed in Val Polcevera, dove nel 1506 fu rinvenuta la nota Tavola Bronzea di Polcevera, redatta a Roma nel 117 a.C.
Gli Statielli, insediati nell'odierna provincia di Alessandria nel territorio di Acqui, nelle valli delle due Bormide e degli affluenti Orba e Belbo
I Dectunini, insediati nel tortonese e nel novese
I Sabazi, insediati nel Savonese
Gli Ingauni, insediati nel territorio di Albenga
I Bagienni (o Vegenni) e gli Epanteri, insediati nell'alta valle del Tanaro e poi trasferitisi in val Trebbia a Bobbio (sede del pagus omonimo) sotto il municipio di Velleia (centro principale in età romana: Augusta Bagiennorum - ora Bene Vagienna)
Gli Intemeli, insediati nella Riviera di Ponente, nei pressi di Ventimiglia (Albium Intemelium)
I Levi e i Marici, insediati nella zona attorno al Po (province di Pavia e Alessandria)
I Segobrigi o Commoni, abitanti della Provenza e protagonisti della leggenda greca di Massalia.
- Secondo il seguente resoconto, non troviamo più quel passaggio che fonde i Liguri con i Celti, ed assimila i Liguri propriamente detti a popolazioni Celtoliguri che vengono generalmente definite Celti.
Alcuni importanti studiosi pensano che originariamente i LIGURI fossero presenti già da epoche molto antiche nei territori che confinano con la penisola Iberica ad ovest (certi i contatti con i BASCHI nell'attuale zona dei Pirenei, e naturalmente anche con gli IBERI ), a nord con la Gallia dei CELTI, a nord-est con i RETI, a sud-est con UMBRI e TIRRENI. Stanziati perciò sulle attuali: valle del Rodano, Costa Azzurra, Provenza, Liguria, Piemonte, Lombardia, alta Toscana, Emilia, basso Veneto, giungendo sino alla Corsica, isola d'Elba e nord Sardegna comprese.
Dopo una prima contrazione delle popolazioni stanziali Liguri attribuita alla spinta migratoria di popolazionii provenienti dall'ARMENIA, CAUCASO-MAR NERO (età Mesolitica 5.000 - 4.000 a.C.) attraverso il NORD-AFRICA e la penisola IBERICA, i LIGURI si ridussero nella zona compresa tra il delta del fiume Rodano, il Piemonte, la Liguria, il nord della Toscana e dell' Emilia, fino a tutta la pianura Padana.
Per la genesi del nome"LIGURI" molti studiosi lo assimilano ad una parola coniata dai Greci che potrebbe avere tre interpretazioni: "Abitanti di un terreno paludoso" o " LIGA", "Popolo che parla ad alta voce", "Quelli dalla voce stridente" (o accenna ancora alla melodiosità di Cycnus?); interpretazioni libere, ma che dimostrano l'antichissima presenza sul territorio di questa popolazione.
In questo periodo (età del Bronzo Recente ed età del Ferro 1600-500 a.C.), probabilmente a seguito dei contatti con le altre popolazioni confinanti (ETRUSCHI, CELTI, VENETI, RETI, EUGANEI e LEPONZI) inizia l'uso, anche da parte dei LIGURI, della cremazione come metodo di sepoltura (campi d'urne) prima in parziale e poi in completa sostituzione della sepoltura in fosse (nella nuda terra o foderate di ciottoli o con bare di legno), in grotte o anfratti nascosti vicino o lontano dai luoghi di dimora abituali.
Sotto una seconda spinta migratoria di popolazioni Gallico-Celtiche dal NORD-EUROPA (età del Ferro 1.000-500 a.C.) i popoli Liguri si stanzieranno definitivamente a ridosso delle Alpi Marittime e dell'Appennino Ligure, concentrandosi nell'attuale LIGURIA, popolando stabilmente sia la parte appenninica che la costa e proteggendo il loro territorio con la costruzione strategica dei CASTELLARI sulle alture dominanti le valli abitate .
Gli Apuani, che si stabilirono nelle montagne della Lunigiana (attuali province di Massa Carrara e La Spezia), della Garfagnana e della Versilia (provincia di Lucca)
I Tigulli, insediati nella Riviera di levante fino a Framura
I Friniati, insediati all'interno, nell'Appennino, tra le attuali province di Parma (valli del Parma e dell'Enza), Reggio Emilia, Modena (una vasta zona dell'Appennino modenese, fra la Secchia e il Panaro è ancora oggi denominata Frignano proprio dal nome della tribù Ligure dei Friniati) e Pistoia
I Veleiati, anche detti Eleati o Celeiati, insediati all'interno, sul territorio che attualmente comprende le provincie di Piacenza e Parma (centro principale in età romana: il Municipio di Velleia)
I Genuati, insediati nella zona di Genova
I Veituri, (suddivisi nelle sottotribù degli Utrines, Sestrines, Mentovines e dei Langenses), insediati nell'attuale ponente genovese ed in Val Polcevera, dove nel 1506 fu rinvenuta la nota Tavola Bronzea di Polcevera, redatta a Roma nel 117 a.C.
Gli Statielli, insediati nell'odierna provincia di Alessandria nel territorio di Acqui, nelle valli delle due Bormide e degli affluenti Orba e Belbo
I Dectunini, insediati nel tortonese e nel novese
I Sabazi, insediati nel Savonese
Gli Ingauni, insediati nel territorio di Albenga
I Bagienni (o Vegenni) e gli Epanteri, insediati nell'alta valle del Tanaro e poi trasferitisi in val Trebbia a Bobbio (sede del pagus omonimo) sotto il municipio di Velleia (centro principale in età romana: Augusta Bagiennorum - ora Bene Vagienna)
Gli Intemeli, insediati nella Riviera di Ponente, nei pressi di Ventimiglia (Albium Intemelium)
I Levi e i Marici, insediati nella zona attorno al Po (province di Pavia e Alessandria)
I Segobrigi o Commoni, abitanti della Provenza e protagonisti della leggenda greca di Massalia.
Liguri - Carta geografica della Liguria con le etnie Liguri. Clicca sull'immagine per ingrandirla. |
- Secondo il seguente resoconto, non troviamo più quel passaggio che fonde i Liguri con i Celti, ed assimila i Liguri propriamente detti a popolazioni Celtoliguri che vengono generalmente definite Celti.
Attraverso le documentazioni scritte, e quindi certe, è molto difficile risalire con esattezza a periodi storici riportati o trattati che riguardino la penisola italiana e in particolare la LIGURIA che siano precedenti al 3000 /2000 a.C. (periodo ENEOLITICO e poi età dei METALLI ), epoca che in Mitologia è chiamata anche dei cosiddetti DILUVI . Secondo diversi Autori di Storia Mitologica la penisola italica ricominciò a popolarsi dopo il Diluvio Noelico intorno al 2000 a.C. da popolazioni Razene giunte via mare e comandate dal mitico GIANO, che dicono abbia dimorato presso Roma su un colle (GIANICOLO) e/o presso Genova sul colle ARX JANO (Sarzano), probabilmente convivendo con le popolazioni Aborigene sopravissute al disastro.
La popolazione dei LIGURI (o LIBUI), secondo molti storici, è da considerarsi la più antica popolazione italica conosciuta, precedente anche agli stanziamenti dovuti a migrazioni indoeuropee o a colonizzazioni successive di popoli mediterranei.Alcuni importanti studiosi pensano che originariamente i LIGURI fossero presenti già da epoche molto antiche nei territori che confinano con la penisola Iberica ad ovest (certi i contatti con i BASCHI nell'attuale zona dei Pirenei, e naturalmente anche con gli IBERI ), a nord con la Gallia dei CELTI, a nord-est con i RETI, a sud-est con UMBRI e TIRRENI. Stanziati perciò sulle attuali: valle del Rodano, Costa Azzurra, Provenza, Liguria, Piemonte, Lombardia, alta Toscana, Emilia, basso Veneto, giungendo sino alla Corsica, isola d'Elba e nord Sardegna comprese.
Dopo una prima contrazione delle popolazioni stanziali Liguri attribuita alla spinta migratoria di popolazionii provenienti dall'ARMENIA, CAUCASO-MAR NERO (età Mesolitica 5.000 - 4.000 a.C.) attraverso il NORD-AFRICA e la penisola IBERICA, i LIGURI si ridussero nella zona compresa tra il delta del fiume Rodano, il Piemonte, la Liguria, il nord della Toscana e dell' Emilia, fino a tutta la pianura Padana.
Per la genesi del nome"LIGURI" molti studiosi lo assimilano ad una parola coniata dai Greci che potrebbe avere tre interpretazioni: "Abitanti di un terreno paludoso" o " LIGA", "Popolo che parla ad alta voce", "Quelli dalla voce stridente" (o accenna ancora alla melodiosità di Cycnus?); interpretazioni libere, ma che dimostrano l'antichissima presenza sul territorio di questa popolazione.
In questo periodo (età del Bronzo Recente ed età del Ferro 1600-500 a.C.), probabilmente a seguito dei contatti con le altre popolazioni confinanti (ETRUSCHI, CELTI, VENETI, RETI, EUGANEI e LEPONZI) inizia l'uso, anche da parte dei LIGURI, della cremazione come metodo di sepoltura (campi d'urne) prima in parziale e poi in completa sostituzione della sepoltura in fosse (nella nuda terra o foderate di ciottoli o con bare di legno), in grotte o anfratti nascosti vicino o lontano dai luoghi di dimora abituali.
Sotto una seconda spinta migratoria di popolazioni Gallico-Celtiche dal NORD-EUROPA (età del Ferro 1.000-500 a.C.) i popoli Liguri si stanzieranno definitivamente a ridosso delle Alpi Marittime e dell'Appennino Ligure, concentrandosi nell'attuale LIGURIA, popolando stabilmente sia la parte appenninica che la costa e proteggendo il loro territorio con la costruzione strategica dei CASTELLARI sulle alture dominanti le valli abitate .
Nei riferimenti mitologici o leggendari i LIGURI sono citati in più opere da vari autori antichi: ESIODO, ECATEO da Mileto, ESCHILO (nel "Prometeo"), EURIPIDE (nelle "Troadi"), ERODOTO, TUCIDIDE, POLIBIO, DIODORO di CARIA, MARCO PORCIO CATONE, POSIDONIO, DIODORO SICULO, SALLUSTIO CRISPO, DIONIGI D'Alicarnasso, STRABONE, TITO LIVIO, TACITO PUBLIO CORNELIO, PLUTARCO, TOLOMEO, CICERONE, SILIO Italico.
Secondo gli studiosi: V. POGGI ("I Liguri nella preistoria"Savona, Tip. Bertolotto e C. - 1901) e E. ALDEROTTI ("I Liguri dimenticati" Ed.De Ferrari - Genova 2007) le popolazioni LIGURI stanziate nei territori a nord del Mediterraneo (spesso in lotta tra di loro o a volte alleate con altri popoli contro nemici comuni) erano suddivise in molte tribù, che spesso si autoproteggevano organizzandosi in confederazioni, sia per vantaggi economico-commerciali che strategico-militari.
I gruppi più importanti erano:
In Spagna gli ELESYCES.
All'interno della Francia i SEGOBRIGI .
Nel sud della Francia gli: SALLUVI e gli OXYBI.
Dal Varo alla Turbia, i VEDIANZI, la cui capitale era Cemenello (oggi Cimiez); essendo Nizza e Monaco colonie dei Massalioti.
Sulle Alpi Italo-Francesi: i DECLATES, i NERUSI, i NEMETURI, i SUETRI.
Nord Italia:Piemonte e Lombardia fino a Lugano: LEPONTI, INSUBRI, SALASSI, AGONES, LIBUI, TAURINI, CAPILLATI, LIBICI, VENTAMOCORI, LAEVI, MARICI.
Tra Emilia e Lombardia: LANGENSES, CELEIATES.
Dalla Turbia al torrente Impero gli INTEMELI, capitale Ventimiglia.
Dall'Impero a Finale, ossia al torrente Pora, gli INGAUNI, capitale Albenga , e a tramontana di questi gli EPANTERJ (alta val Tanaro e val Bormida).
Dal Pora al torrente Lerone, tra Cogoleto e Arenzano i SABAZI, capitale Vadi Sabazi, oggi Vado.
A nord gli STATIELLI con capitale Carystum, e i BAGIENNI nell'attuale Piemonte.
Dal torrente Lerone a Portofino, i GENUATI, capitale Genova, e a monte di essi nella alta val Polcevera i VETURII il cui dominio proseguiva fino a Voltri.
Da Portofino a capo Mesco, i TIGULI , con gli oppidi Tigulia e Segesta. A nord i VELEIATI .
Dal confine dei Tiguli a quello di Luni, gli APUANI, capitale Pontremoli.
A nord, fino alla Garfagnana e oltre, i FRINIATI (valle del Panaro) e i CASUENTILLANI.
Al confine con la Toscana, vicino all'isola d'Elba (l'isola si chiamava Ilva): ILVATES.
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