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Mappa dell'impero di Tartesso.
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Si distinguono due diversi periodi nella storia del regno di Tartesso:
- Il Periodo Geometrico, che coincide con
la fine dell'età del Bronzo, dal 1.200 al 750 a.C.
- Il Periodo Orientalizzante: la cultura
Tartessica assorbe elementi orientali, principalmente dai Fenici, poi dai Greci di Focea, dal 750 al 550 a.C.
Da:
http://www.tartessoscomic.com/html3.htm
Economia Tartessica:
Agricoltura - Nel sud-ovest della penisola iberica, durante l'epopea Tartéssica arcaica, le colture dominanti erano cereali come il grano e l'orzo, e legumi come piselli e fagioli, che nitrogenavano i terreni tra le fasi delle arature. Nel periodo definito "orientaleggiante" (coincidente alla migrazione di coloni orientali, fenici e greci), si aggiunsero nuove colture portate da queste persone, come la vite e l'ulivo, con relativa produzione di vino e olio. La vite e l'ulivo non forniscono un riscontro immediato, e cominciano ad essere redditizi solo dopo aqlcuni anni di coltivazione, quindi presumibilmente la loro coltivazione è stata assecondata dall'aristocrazia tartessica, che contava sul fatto che quelle coltivazioni non richiedessero molta cura o terreni particolarmente fertili, e che ha posto la nobiltà locale in un nuovo contesto di relazioni commerciali con Fenici e i Greci, oltre ai consueti traffici di metalli.
La tecnologia agricola di base utilizzata fu quella dell'età del bronzo, e non essendo ancora diffusi utensili di metallo, si usavano strumenti in pietra, come risulta dagli accertamenti archeologici. Si suppone che si usassero mulini per la macinazione del grano e che si utilizzasse l'aratro, come si riscontra dal mito di Gargoris e Habis (per il post "Ercole e altri miti a Tartesso", clicca
QUI), anche se non si sono trovate prove archeologiche determinanti al riguardo, tranne che per l'analisi faunistica di quei tempi che sembra indicare, al momento della macellazione di alcuni capi di bestiame, che fossero utilizzati come animali da tiro, soprattutto cavalli e buoi.
Le colture, oltre a nutrire le comunità locali, arrivarono ad avere uno scopo commerciale, e pare che alcuni insediamenti agricoli nel VII-VI secolo a.C. fornissero derrate alimentari a Ronda, colonia fenicia di Malaga.
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Riproduzione della stele di Bensafrim,
situata vicino all'attuale Algarve e al Monte
da Bravura, in Portogallo,
la cui scrittura è ritenuta Tartessica
Fonte: http://es.wikipedia.org/wiki/Tartessos |
Bestiame - L'importanza del bestiame risiedeva sia nel cibo fornito (carne, latte e altri sottoprodotti) che nella forza-lavoro di alcuni animali, così come nell'approvvigionamento di lana, pelle e cuoio.
I
bovini erano predominanti nel sud-ovest della penisola iberica del primo periodo Tartéssico, date le particolari
condizioni che esistevano nella zona,
con
un clima molto più fresco e umido di oggi, che forniva il pascolo ideale per l'allevamento di questi animali, come sembra testimoniare il mito delle mandrie di Gerione (per il post "Ercole e altri miti a Tartesso", clicca
QUI).
Durante la prima metà del primo millennio a.C.,
pecore e capre sembrano sostituire i bovini, forse a causa di cambiamenti climatici e di sfruttamento eccessivo dei pascoli.
Il maiale è il terzo degli animali domestici più rappresentati a Tartésso. La minore quantità di questa specie può essere spiegata con la ciclica scarsità delle risorse, tipico dei climi mediterranei, che ha messo il maiale in uno spazio di concorrenza diretta con le persone, per le loro particolari esigenze dietetiche. Tuttavia si è ben avvantaggiato degli ambienti umidi, come nella Sierra Morena, dove anche i terreni poveri permettono il pascolo fra querce da sughero e lecci.
Il cavallo, sia come fonte di carne che come trazione animale, veniva utilizzato nell'ambito militare, come dimostra la sua rappresentazione sui sentieri, anche tirando i tipici carri da guerra a due ruote.
I Fenici introdussero la gallina che rappresentava una nuova fonte di proteine per mezzo di uova a basso costo, inoltre portarono l'asino, che fu utilizzato in compiti agricoli e di trasporto, alternativa a bovini e cavalli, soprattutto nelle zone collinari.
Un altro animale che venne introdotto dai Fenici fu il gatto.
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In rosso la locazione dell'antica Bensafrim,
situata vicino all'attuale Algarve e
al Monte da Bravura, in Portogallo.
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Caccia e pesca - Con l'agricoltura e l'allevamento ben sviluppati, caccia e pesca complementavano l'attività economica complessiva. Si cacciavano soprattutto cervi, cinghiali, conigli e lepri. Per quanto concerne la pesca, si sviluppò sostanzialmente una pesca costiera con catture di specie che si sviluppavano in prossimità di acqua dolce e salata, quali raya, storioni e orate. Anche la raccolta dei frutti di mare fu importante, soprattutto navajas, telline e vongole.
La pesca si sviluppò intorno all'industria della produzione del sale, documentata da resti archeologici e saline costiere. Si producevano inoltre altri prodotti, come il "garum", una sorta di salsa a base di interiora di pesce, molto apprezzato all'epoca tartessica e anche successivamente.
Miniere e metallurgia -
Questo è stato il settore più rilevante dell'economia di Tartesso, che ha attratto sia Fenici che Greci. La penisola iberica aveva giacimenti di rame e stagno, metalli necessari alla produzione del bronzo, nonché d'argento, che si trovava in grandi quantità, oltre a oro e ferro. Per i suoi metalli, Tartesso diventò famosa in tutto l'Oriente.
L'estrazione del rame veniva effettuata generalmente all'aperto, utilizzando principalmente martelli da minatore come strumenti di lavoro. I principali giacimenti e città minerarie coinvolti nell'estrazione e di fusione del rame sono stati trovati nei comprensori di Huelva e di Cordova. Forni metallurgici venivano utilizzati per l'estrazione del rame dal suo minerale (la malachite). I tunnel di drenaggio rinvenuti, ci raccontano di un'iniziale scarsa specializzazione industriale nell'estrazione del rame, con produzioni di carattere domestico, poi la domanda aumentò considerevolmente, e a Tartesso fu promossa, dalle élite sociali, l'industrializzazione della produzione del bronzo, dato il prestigio che gli era riconosciuto.
A Tartesso lo stagno si estraeva in bassa Estremadura e Portogallo.
L'Estremadura (Extremadura in spagnolo,
Estremaura in estremegno) è ora una comunità autonoma nella parte
sud-occidentale della Spagna. Comprende le province di Cáceres e
Badajoz.
Da non confondersi con l'Estremadura
portoghese, il loro nome deriva probabilmente dalla stessa radice,
data dal fatto che erano entrambe regioni di frontiera della
cristianità durante la Reconquista, all'estremità segnata dal fiume
Douro ("Extrema Duris").
Alcune tra le città più importanti
sono: Cáceres, Badajoz, e Mérida, il capoluogo della comunità
autonoma.
L'Estremadura confina con la Castiglia
e León a nord, la Castiglia-La Mancia a est, l'Andalusia a sud ed il
Portogallo (regioni Alentejo e Centro) ad ovest. È una zona
importante per la vita selvatica, in particolare per la grande
riserva naturale di Montfragüe.
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L'Estremadura Spagnola |
Bajadoz e Cáceres sono la prima e la
seconda tra le province spagnole per dimensioni.
Tornando a Tartesso, il minerale che conteneva lo stagno (la cassiterite) talvolta si aggiungeva direttamente al rame nei crogiuoli, in modo da semplificare il processo di produzione del bronzo. A volte la cassiterite si trovava nei letti dei fiumi, ma per la forte domanda di bronzo dai popoli orientali, i depositi di stagno che i tartessici avevano nel loro territorio non furono più sufficienti a soddisfare la domanda e questo li costrinse a proseguire le importazioni dalle isole Cassiteriti (le attuali isole di Scilly) che già iniziarono i Liguri nella fase proto-Tartessica.
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Le isole di Scilly, al largo
della Cornovaglia |
L'argento è forse la ragione principale della colonizzazione fenicia. Si trovava a Huelva e alle pendici settentrionali del Guadalquivir (miniere di Rio Tinto, Aznalcóllar, Linares ...) e il loro sfruttamento era principalmente all'aperto, anche se è possibile che scavassero pozzi e gallerie nelle venature del minerale che lo conteneva, la jarosite. La jarosite è un minerale appartenente
al gruppo dell'alunite del quale costituisce il termine della serie
contenente potassio. È stato descritto nel 1852 da Johann Friedrich
August Breithaupt. Il nome deriva da quello della località dove è
stato scoperto, Barranco Jaroso nel sud della Spagna. È un solfato
idrato basico di potassio e ferro che, oltre a esser presente in
natura, è un sottoprodotto dei processi di produzione dello zinco
nella fase di raffinazione.
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Le miniere del Rio Tinto, a nord-est di Huelva.
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Il processo per ottenere argento dalla jarosite, il minerale che lo conteneva, è il seguente: il minerale era macinato in mortai di pietra con una procedura di rotopercussione. Dopo aver mescolato la polvere ottenuta con il quarzo bianco, che favoriva il rilascio del piombo, la miscela veniva posta in un forno particolare, e cioè un buco nel terreno rivestito di pareti di argilla. Si aggiungeva silice e carbone e si ardeva il tutto con una fiamma alimentata da un mantice collegato a un ugello. Quando l'impasto si fondeva, si lasciava poi raffreddare, e i minerali più pesanti si depositavano in basso. Così affiorava soprattutto l'argento e non il rame. Con il processo della coppellazione si poteva poi purificare l'argento. La coppellazione è il processo di preparazione dell'argento, consistente
nel trattare in ambiente ossidante, in forni a coppella, il piombo
argentifero; per effetto dell’aria che viene introdotta nel forno
il piombo liquido si ossida a litargirio (ossido di piombo) che in
parte fuoriesce da apposite aperture e in parte viene assorbito dalla
suola porosa del forno, finché la percentuale d’argento
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Le miniere di Aznalcóllar, a nord-ovest di Siviglia.
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puro
raggiunge il 95-98%, e la superficie del metallo appare
all'improvviso, dando luogo al cosiddetto lampo dell’argento, che
segna la fine dell’operazione. Nelle miniere occidentali dell'Arbat palestinese del X secolo a.C. si usava un metodo simile.
Il ferro spodesterà il bronzo nell'epoca sucessiva. L'introduzione del suo uso è attribuita ai Fenici, come rilevato dai primi reperti archeologici di questo metallo, documentati nella necropoli fenicia di Laurita (Almunecar), che sono al VII secolo a.C. È stato utilizzato principalmente per la fabbricazione di armi e oggetti di prestigio delle classi dirigenti; nell'epopea Tartessica non si usava il ferro per la produzione di attrezzi agricoli, o da costruzione o per altri usi domestici.
L'oro fu ottenuto principalmente come sottoprodotto dell'argento nei minerali della fascia iberica di pirite di Huelva, dato il loro alto contenuto di mercurio. Inoltre si trovava setacciando le sabbie alluvionali di fiumi come il Tago. Così dice Strabone riguardo agli Artabros, le loro donne erano responsabili di questi compiti.
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Le miniere di Linares, a est-nordest di Cordova.
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Artigianato - Si è rinvenuto molto artigianato dalla tarda età del Bronzo nel territorio Tartéssico, fino alla modernizzazione introdotta dalle colonie fenicie e alla commercializzazione delle colonie greche. Per quanto riguarda la ceramica, dev'essere attribuita ai Fenici l'introduzione del tornio per i vasi. Presumibilmente, le prime produzioni documentate in tutto il sud-ovest della penisola iberica furono dovute all'attività dei laboratori Fenici, che ben presto furono imitate dagli artigiani locali; molto probabilmente vi fu una coesistenza tra di loro, con un apprendimento delle tecniche di prima mano. Le decorazioni mostrano l'influenza orientale, mentre ci si evolveva, e aumentava anche la qualità della produzione attraverso l'uso di forni più sofisticati, in grado di raggiungere temperature più elevate. C'erano poi produzioni destinate alla conservazione dei prodotti agricoli eccedenti, principalmente anfore.
Nella lavorazione dei metalli si distinguevano soprattutto gli oggetti in bronzo, anticamente prodotti nelle officine locali dei proto-Liguri, poi di produzione fenicia, dopo la loro colonizzazione. Un prodotto strettamente legato ai Fenici è la fibula, un oggetto appuntito, molto più elaborato di quanto fosse prima in uso, per fissare i vestiti. Anche il commercio di prodotti tessili e di tinture del tessuto decollò con l'arrivo dei Fenici. Essi si accreditarono con la scoperta del rosso porpora, ottenuto dal mollusco chiamato murex, famoso nell'antichità per la sua comprovata qualità e per il suo uso in connessione con i riti religiosi. Gli abiti provenienti dall'Oriente erano di "moda", ed il loro possesso segno di appartenenza ad un rango elevato. Insieme a queste produzioni, si deve rilevare anche la fabbricazione di armi. Singolare era la "Falcata", uno spadone molto curvo caratteristico della penisola iberica, e anche pugnali, punte di lancia e di frecce, fibbie per cinture, finimenti ... Le spade "de lengua de carpa" e con impugnature di bronzo dalla costa atlantica si diffusero fino all'Europa centrale. Nessun prodotto in bronzo era comunque destinato al lavoro agricolo.
Gli artigiani del bronzo erano una classe sociale strettamente legata alla nobiltà, e i loro prodotti erano utilizzati come beni di prestigio, disponibili solo per le élite. Più avanti, cominciarono a essere prodotti nuovi oggetti, come i caratteristici vasi piriformi cipro-fenici, prototipi derivati dalla lavorazione di un unico pezzo, mentre i popoli orientali li fabbricavano utilizzando più fogli o lastre di ottone. Le specifiche opere dell'arte indigena Tartessica, possono essere viste al British Museum, come le cerve o il leone alato del J.P. Getty Museum, che vennero eseguite con il metodo della fusione a cera persa, costituite da due pezzi che si incastrano e assemblate con rivetti. Altri oggetti peculiari dell'arte tartéssica sono i bruciatori di essenze profumate. Il consumo di oggetti in bronzo diventò popolare nell'epoca orientaleggiante, dal VII secolo a.C., estendendosi nelle diverse classi sociali e non solo nella nobiltà. La coesistenza di artigiani fenici e indigeni, portò ad una progressiva evoluzione di tecniche e iconografie (rosette, ciotole con forma di palmette, tori, ecc.). Questo fenomeno si verificò anche nei prodotti in oro, con gioielli completamente indigeni decorati con motivi orientali. Il metodo della lavorazione dell'oro a Tartesso ci è sconosciuta, anche se si sono trovati vari strumenti, come matrici, punzoni, bilance, pesi, ecc., nei pressi della Roccia Nera di Crevillente, nel santuario di Cancho Roano e nella città di El Risco, nella provincia di Cáceres. In linea di principio gli orafi erano strettamente legati alle classi sociali più elevate, l'aristocrazia e le sfere sacerdotali, come suggeriscono i tesori di El Carambolo e Aliseda, poi, col tempo e con le specializzazioni degli artigiani, si offrono prodotti popolari come i ciondoli "amorcillados" (nazm) di El Acebuchal. Gli artigiani orientali praticano alcune tecniche che gli artigiani indigeni apprendono, come le produzioni di granuli, la filigrana e la saldatura, il che è possibile solo attraverso una stretta relazione tra maestri e apprendisti. Tuttavia, la tradizione indigena sopravvive in qualche modo all'influenza fenicio-orientale, come nella produzione della gioielleria di grandi dimensioni, praticamente assente nei gioielli fenici.
I prodotti in avorio ritrovati, furono importati dal Nord Africa e del Mediterraneo orientale, inizialmente per l'aristocrazia, poi anche per i ceti popolani.
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Elmo tartessico in oro rinvenuto in
Galizia. Clicca sull'immagine
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Commercio - Nel periodo del tardo Bronzo Tartesio i commerci risultano prevalentemente concentrati dall'Atlantico al Mediterraneo, in direzione fenicia e greca. I principali prodotti scambiati sono metalli: rame, stagno, argento e oro, anche se dobbiamo considerare la tratta degli schiavi, soprattutto donne. Le comunità atlantiche richiedono il rame e quelle orientali stagno e argento.
Durante il tardo Bronzo il commercio è controllato dalle élite della società. Solo loro potevano mobilitare manodopera necessaria per la massiccia estrazione di minerali e di avere i mezzi di trasporto e l'influenza necessaria per attraversare le frontiere. Il commercio era quindi un monopolio aristocratico con scambi che esprimevano più l'appartenenza alle classi dominanti che opportunità economiche, o la realizzazione di confraternite e legami di cooperazione tra persone o clan. Nell'epoca orientaleggiante, le transazioni commerciali assunsero la loro vera natura economica, la ricerca di benefici materiali.
Nella tarda età del bronzo, si osserva l'utilizzo di sistemi standardizzati di peso, come si deduce da alcuni braccialetti d'oro e collari (torques) che sembrano basati sul peso standard di 11,75 grammi (il siclo microasiatico). Alcune stele dell'epoca mostrano delle serie di punti che sono interpretate come note commerciali con le indicazioni di importi, e ciò da l'idea dell'emergere del commercio come attività puramente economica, perché l'atto della misurazione è una ricerca di equità tra ciò che viene scambiato.
Durante il periodo orientaleggiante il prodotto principale del commercio è l'argento e i maggiori centri commerciali sono nel Mediterraneo. La ricchezza di Tartesso è destinata a diventare una leggenda per Greci e Fenici, grazie al valore di questo metallo. Anche l'importanza dello stagno è rilevante, vista la sua carenza in oriente. I Fenici tentarono di scavalcare i tartessici nel commercio dello stagno, come dimostrato dai loro insediamenti nella costa portoghese (ad Abul), cercando di eliminare gli intermediario e avere un accesso diretto alle fonti di questo metallo. Questo può anche avere favorito, nel periodo del re Argantonio, il rafforzare le relazioni con gli operatori greci, in una strategia di ricerca competitiva e nuova clientela per i tartessici.
Tuttavia, l'argento è al centro dei commerci di Tartesso. La produzione è veicolata dalle miniere ai porti lungo due percorsi principali. La prima correva dalle miniere di Rio Tinto a Onuba (Huelva), un'altra dalle miniere di Aznalcóllar raggiungeva le rive del Lago Ligustino e di là a Gadir. Il primo percorso sembra che fosse controllato dai tartessici, mentre il secondo potrebbe essere stato controllato dai Fenici. L'aristocrazia tartessica avrebbe gestito sia il lavoro nelle miniere che la lavorazione dei minerali e il trasporto del metallo risultante, che implicava un imponente infrastruttura di lavoratori, terreni, percorsi di navi, logistiche fluviali, ecc. I nobili indigeni fecero grandi investimenti in questoaffare, che rese enormi profitti, sia finanziari che di prestigio e di consolidamento nella loro sfera sociale. I sistemi di peso standardizzati si basavano sul Siclo fenicio. Per capire questa misura diremo che un talento d'argento equivaleva a circa 30 kg. Ogni talento aveva 50 minas e ogni mina, 50 sicli. Un siclo d'argento era equivalente a 200 sicli di rame e a 227 di stagno. Un siclo d'oro era equivalente a 4 sicli d'argento.
I prodotti dei fenici erano oggetti di prestigio e di lusso, correlati ai circuiti sfera del sacro e del regale, di altro valore ideologico che ottenevano l'influenza culturale dei coloni nelle aristocrazie indigene emergenti.
Non dimentichiamoci che il consumatore finale dell'argento tartessico era l'impero assiro, che aveva mantenuto il controllo sulle città fenicie durante la prima metà del primo millennio a.C. Quindi, a partire dall'ottavo secolo a.C. vi è un aumento significativo della produzione di argento nelle miniere del Rio Tinto, in coincidenza con l'impoverimento degli assiri che non erano in grado di accedere all'argento anatolico, detenuta dall'alleanza tra siriani e urartei. Questa complessa rete di relazioni degli affari tartessici ha caratterizzato quell'epoca.
Politica e Società - L'organizzazione sociale e politica del Bronzo finale. Nel Tardo Bronzo la penisola iberica del sud-ovest era divisa politicamente in gruppi uniti da relazioni di parentela, una società di tipo tribale. Il potere era esercitato in primo luogo con la violenza, dai guerrieri, che possedevano il controllo delle armi. La società pre-urbana era organizzata in classi di età, con riti di iniziazione per il passaggio dalla giovinezza alla maturità, come suggerisce il mito Habis (per il post "Ercole e altri miti a Tartesso", clicca
QUI). Un'altro monopolio del potere politico in questo periodo era il controllo dei metalli e dei cambi, come suggerito dalla stele guerriero ritrovata: lo scambio di metalli fornisce la materia prima per la fabbricazione di armi e ornamenti, le prime necessarie per ottenere i bottini, e i secondi come oggetti di prestigio. Questo sistema era molto instabile, come ci si può immaginare, molto dipendeva da diversi fattori che le persone stesse non potevano controllare, come la guerra stessa, la disponibilità di metalli e di agenti di cambio. Era necessario avere capitali stabili che avessero una stabilità di valore nel tempo. Questo fattore potrebbe essere stato, come suggerisce il mito di Gerione, il possesso di bestiame, in particolare bovini, ottimi sia per la carne che per l'esecuzione di lavori agricoli. Così, il bestiame, piuttosto che il possesso della terra, che all'epoca era gestita dalle comunità, individuava i capi e consentiva un accumulo di ricchezza su cui basare il loro potere, per comprare armi e pagare manodopera o sostegno militare. La coesione ideologica di questi gruppi di parenti ha prodotto il culto degli antenati, spiriti che mediavano tra i gruppi umani e il soprannaturale. Così la figura del
pater familias tutelava il culto degli antenati, era la principale entità religiosa a cui il cui potere di intermediazione con il soprannaturale dava la legittimazione ideologica ad esercitare il potere sociale; era quindi una sorta di re o capo sacrale, che poteva abitare in palazzi o templi.
La Monarchia Orientaleggiante, Argantonio -
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Carta del 700 a.C. con gl'insediamenti e i limiti dell'influenza
di Tartesso segnalati in verde brillante, le colonie greche in blu
e le colonie fenicie in verde-oliva. Si vedono il Lago Ligustico,
Asta Regia (Jerez de la Frontera) e Gadir (Cadiz).
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Fonte: http://es.wikipedia.org/wiki/Tartesso |
L'arrivo dei Fenici ha avuto profonde conseguenze nell'organizzazione sociale e politica nel territorio. L'accelerazione delle opportunità di scambio procurò più reddito nella zona tartessica, e si assistette così ad una forte crescita demografica. Alla fine dell'VIII secolo a.C., come evidenziato dai reperti archeologici, nel territorio vi sono città edificate con architetture prestigiose, in cui sono insediate aristocrazie governate da una monarchia ereditaria. Il mito di Gárgoris e Habis e fonti storiche già parlano del diritto della nobiltà al lavoro forzato gratuito da parte del popolo. Il paradigma di questa nuova forma di governo fu il re Argantonio. Erodoto lo descrive come un monarca con caratteristiche simili ai dispotici re orientali e ai tiranni greci; un re con assoluto potere di decisione su qualsiasi questione relativa ai suoi domini, come dimostra l'episodio con i Focei, a cui offre di stabilirsi sul suo territorio. Il nome Argantonio stava a significare "Uomo d'Argento" e non si sa se questa denominazione riguardasse un singolo monarca o una dinastia, gli Argantoni, o uomini d'argento , che governavano il territorio di Tartesso nel periodo finale della sua storia.
Le leggi, l'organizzazione del popolo in classi sociali, l'assetto urbano e la compartimentazione del regno riflettono la nascita dello Stato come un'organizzazione politica che trascende il clan o la tribù. Esistevano insediamenti urbani di 42 ettari di superficie, come Mesas de Asta. Centri urbani con caratteristiche simili erano distribuiti lungo il fiume Guadalquivir, nei bacini dei suoi affluenti, nel sud dell'Estremadura, a sud di La Mancha, alle foci del Tago e del Sado e nella costa di levante. Ciò generava una rete di città-stato strettamente correlate fra di loro da scambi, transiti o commerci di materie prime o di altri beni dirette ai porti di Huelva e Cadice. Si stabilivano scambi con maggiore sviluppo urbano più vicino ai centri nevralgici (miniere e principali colonie fenicie).
Fu allora che si privatizzò la terra. Lo sviluppo dei settori coinvolti nella produzione di beni e servizi richiese una maggiore produzione agricola, controllata dalle élite sociali, che organizzavano l'amministrazione statale. Questo accumulo di riserve alimentari causò un aumento significativo della popolazione. L'aristocrazia occupò le terre prima gestite dalle comunità rurali, che, sfruttate al massimo, davano benefici economici con cui finanziare le attività estrattive e il mantenimento del crescente commercio con le colonie fenicie. Con i nobili, vi furono altri proprietari terrieri meno nobili, a causa della colonizzazione agricola di nuove terre, il che provocò una chiara stratificazione sociale basata sulla misura della proprietà e il volume della produzione agricola. Si stabilirono anche rapporti di clientelismo, in cui gli aristocratici attraevano quegli individui incapaci di produrre abbastanza per mantenere le loro famiglie, e li assoggettavano a servi o schiavi.
Il modello ideologico alla base di questo tessuto sociale era importato dalle monarchie fenicie. Il re era il rappresentante del popolo davanti agli dei, una sorta di padre di tutta la comunità. Officiava il culto degli antenati, come mostrano le iconografia delle pitture del periodo Orientaleggiante del Santuario di Carmona, legate al ciclo di vita-morte-resurrezione in un susseguirsi di fiori di loto aperti e chiusi. La presenza del colore ocra all'interno delle pitture dei riti funebri , è associato al significato dell'inizio di una nuova vita. I fregi con iconografie di tori, sfingi e grifoni sembrano essere associato alla monarchia, e riflettono una visione cosmica di forze che rappresentano il bene e il male in lotta continua. Il re acquista un ruolo sacerdotale circondandosi di oggetti orientali per rituali sacri (bruciatori d'essenze, barattoli piriformi, contenitori rituali a forma di mani, avorio e arredi in bronzo, gioielli d'importazione orientale ...).
Il re vive in un sontuoso edificio circondato dal fasto sacrale del proprio lignaggio. Come esempio principale è stato proposto il santuario di Cancho Roano, che ha operato tra la fine del VII secolo fino alla fine del V secolo a.C. Questo edificio monumentale è lontano dai centri urbani, invece i palazzi reali sono stati rinvenuti principalmente nelle città, nelle zone più alte, come provato dagli scavi; vi sarebbero state strutture in cui oltre al re e alla sua corte si trovavano un certo numero di funzionari e artigiani al loro servizio.
Tuttavia, il potere del monarca doveva essere certamente instabile, altri lignaggi aristocratici erano pesantemente coinvolti nel processo di appropriazione della terra e della ricchezza, e il loro potere a volte poteva confrontarsi con quello reale. I re, per legittimare il loro potere, adottarono ideologie orientali e conoscenze esotiche introdotte da estranei per tenere alto il loro prestigio con il resto della nobiltà. Ma anche le maggiori famiglie aristocratiche erano pronte ad entrare in questo nuovo mondo, che portava alla creazione di accordi dinastici, soprattutto in vista della distribuzione della ricchezza ottenuta dal commercio con i coloni. Ci furono fazioni di palazzo, tensioni e tutti i tipi di spionaggio e alleanze per ottenere il potere. Fu questo il seme della scomparsa della monarchia e dell'impero di Tartesso.
Forse il rapporto con il mondo greco agevolò l'importazione di forme di governo "democratico", con un maggior coinvolgimento della popolazione libera a spese della nobiltà, come nelle tirannie greche. Forse Argantonio adottò queste forme di governo, nel tentativo di liberarsi della pressione di nobili e notabili regionali, e da qui la simpatia storica per i greci. Così si passò dalla monarchia sacrale di stile fenicio al re eroico di tipo greco. Lo stesso processo sembra svilupparsi fra Gadir e Cartagine dopo la caduta di Tiro, conquistata dai Babilonesi; dalla dipendenza della colonia (Gadir) dalla metropoli (Cartagine), ad una forma di organizzazione più vicina alla polis (la città-stato che si autogoverna) greca.
Architettura e Urbanistica - Nel corso della tarda età del bronzo non si può parlare di un'urbanistica consolidata; l'architettura è precaria e le popolazioni non sono stabilmente stanziali nel territorio.
All'inizio del periodo orientaleggiante, si costruirono le case a pianta quadrata disposte in modo da favorire strade ortogonali fra di loro e rioni. Cominciarono poi le costruzioni con fondazioni in pietra su cui si eressero case con muri di mattoni e fango, il che riflette una crescente urbanizzazione del territorio. Con lo sviluppo demografico e la concentrazione della popolazione nelle aree urbane, fu necessario progettare un'edificazione razionale negli habitat, e verso la fine dell'VIII secolo a.C. i centri urbani erano pienamente consolidati. L'adozione di case rettangolari e la costruzione di pareti esterne doppie accompagnano la fine progressiva del processo di urbanizzazione.
Dal 700 a.C.sono documentate possenti mura, templi e palazzi in molti habitat Tartéssici. Questi elementi si estendono su una vasta area geografica. Sono a Tejada la Vieja, vicino alla costa, a Ponte Tablas, sopra al Guadalquivir, a El Carambolo e Coria del Rio, vale a dire, nella vecchia foce del Guadalquivir, o a Cástulo, a 300 chilometri verso l'interno. Sembra quindi che le città Tartessiche fossero perfettamente correlate, come mostrano le caratteristiche strutturali e culturali simili, che sembrano appartenere ad un nuovo e potente stato centralizzato, con una grande capacità di influenza a lunga distanza.
El Carambolo, una città tartessica - La città di El Carambolo è stata scoperta dagli scavi voluti da Carriazo alla fine degli anni Cinquanta (era il 1958). Cariazo stesso, lo scopritore di El Carambolo, disse di non confonderla con la città di Tartesso. El Carambolo ha una struttura labirintica, senza strade definite e senza abitazioni a pianta rettangolare con pareti in pietra e senza tracce di mura. Sono stati ritrovati reperti del Neolitico, fibule a incastro (che noi chiameremmo viti a "prigionieri", ma molto più elaborate) e fermagli in bronzo. La grande quantità di cocci di ceramica di molte varietà differenti sembrano provenire da prodotti realizzati sia da indigeni che da coloni. I reperti ritrovati, evocano il tipo di vita condotto dagli abitanti: mulini a pietra, ganci, aghi di osso, conchiglie, ossa di bovini, suini e soprattutto ovini, con alcuni cervi, polli e altri uccelli in misura minore. Sul pendio della collina di El Carambolo è stato rinvenuta con gli scavi, una capanna ovale piuttosto grande, dove sono stati trovati resti accanto a un tesoro composto da ventuno grandi pezzi di oro, certamente di proprietà di qualche personaggio reale, forse proprio dello stesso re di Tartesso. Questo tesoro è esposto nel Museo Archeologico di Siviglia.
Arti e Cultura di Tartesso - Presumibilmente i re mitologici, le loro tradizioni, le loro leggi e la loro religione sono in gran parte il patrimonio delle antiche popolazioni insediate nella penisola iberica meridionale dal terzo millennio a.C., ma fu nel tempo di Tartésso che tutto questo venne messo per iscritto, da Fenici, Greci e Tartessici stessi. Secondo il professor Carriazo, la cultura di Tartesso rappresenta una straordinaria ricchezza e singolarità, con un impressionante repertorio di elementi, materiali e tecniche. La sua origine è prevalentemente indigena, e non può essere il risultato dei soli influssi dei coloni orientali, ma piuttosto il frutto di una ricca cultura di base indigena.
Scrittura Tartéssica - I tartessici conoscevano la scrittura. Strabone dice, riferendosi ai Turtedani, gli immediati successori dei Tartessici, che "possiedono scritture e scritti storici, in prosa e poesia; le leggi in forma metrica che, secondo come riferito, risalgono a 6.000 anni fa." Infatti si sono trovati graffiti su ceramica piuttosto antichi e scritte su stele molto più moderne. Il sistema di scrittura usato è semisillabico, e i segni usati sembrano avere somiglianze con la scrittura fenicia e forse, anche se meno probabile, con il greco. La verità è che oggi la scrittura tartessica è indecifrabile per filologi che si ostinano a voler svelare i suoi codici, che ci fornirebbero indubbiamente informazioni essenziali. Tuttavia, si può dedurre che Tartesso era uno stato avanzato, evoluto sia a livello sociale che politico, perché la scrittura di solito è presente quando una società ha un'economia e una realtà urbana che richiede capacità di amministrazione dei beni.
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Tesoro di Aliseda |
Gioielli e Tesori - L'archeologia ha scoperto un buon numero di oggetti d'arte di valore storico che danno l'immagine di una società sviluppata e ricca. Il Tesoro di El Carambolo (di cui sopra), quello di Ebora a Sanlucar de Barrameda, quello di Aliseda a Cáceres, o i candelabri di Lebrija, compongono un mosaico di pezzi di grande ricchezza e raffinatezza, forse oggetti riservati alle élite Tartessiche. Nelle tombe Tartessiche più ricche si sono trovati avori, vasi e fontane in bronzo e numerosi oggetti di lusso, come nella necropoli di La Joya a Huelva, Cástulo in Jaen o negli scavi intorno a Carmona, oggetti che sono sia d'importazione dall'oriente che prodotti locali; alcuni sono portati dai
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Tesoro di El Carambolo |
commercianti fenici, altri prodotti in officine del territorio tartessico, e altri ancora sono stati realizzati da artigiani tartessici con tecniche orientali, spesso utilizzate esprimedo comunque il proprio immaginario indigeno. Tutto questo costituisce l'ambiente culturale che è stato chiamato "orientale" o "orientalizzante"
Religione - Poco si può dire circa le credenze religiose nella tarda età del bronzo nel territorio tartessico. Abbiamo solo i dati forniti dalle stele e dalla deposizione delle armi e di altri oggetti nelle acque dei templi.
Le prime sembrano corrispondere al culto di un eroe antecedente agli antenati reali del periodo orientalizzante, le seconde possono essere correlate al significato mitologico dell'acqua come mezzo di passaggio per l'Aldilà. Le capanne in cui si svolgevano alcuni rituali si possono interpretare come appartenenti a gruppi di parentela gentile non ancora legate alla monarchia orientaleggiante.
La credenza in certe divinità iniziò certamente prima dell'arrivo dei coloni fenici, e nelle epoche successive si prese l'iconografia delle divinità orientali per emulare quelle locali, le cui funzioni possono essere dedotte dagli dei fenici da cui erano rappresentate.
Religione in epoca coloniale - Del periodo coloniale si sono rinvenuti un certo numero di santuari, tra cui si evidenziano il Carambolo Basso, Coria del Rio, La Algaida, Carmona, Montemolín, Cástulo o Cancho Roan. In essi sono documentati altari a forma di pelle di toro, figure di dei e statuette votive, vasi e contenitori per libagioni, bruciatori di essenze e resti di profumi, griglie e resti ossei di animali (soprattutto bovini) probabilmente consumati in cerimonie rituali. Tutto questo mostra un insieme di elementi liturgici molto ampio e variegato, un rituale religioso molto sfarzoso, in cui i sacerdoti sembrano possedere un ampio potere sociale.
I templi urbani, come quelli di Coria del Río, Carmona o Montemolín, sembrano essere legati al complesso del palazzo situato nell'acropoli della città, in modo che avesse un significato sia religioso che politico. I santuari edificati al di fuori delle città, come a El Carambolo o a Cancho Roano, potrebbero essere stati collegati al culto arcaico degli antenati, e quindi essere nella zona occupata dal gruppo gentilizio che l'aveva originariamente eretto. Potrebbero anche essere stati legati al commercio, o come sembra da alcuni santuari, come La Algaida e Cástulo, che avessero un ruolo di empori, o fossero associati alla navigazione, su fiume nel caso di Cástulo. Questa diversità dei ruoli svolti dai templi religiosi dimostra una loro forte influenza sulla vita sociale, politica ed economica; la religione era comunque radicata nel corpo del governo della comunità.
A volte gli dèi dalla società indigena del tempo erano rappresentati con l'iconografia orientale, pare così che rappresentare i loro miti e le loro divinità con immagini orientali, si associassero meglio le caratteristiche e le funzioni delle divinità Tartessiche. Le statuette in bronzo di influenza orientale, ad esempio, sembrano giocare un ruolo nel culto degli antenati della famiglia reale, dando loro il prestigio degli dèi stranieri. Così si può pensare di assimilazione tra le divinità fenicie Baal, Melqart (Ercole) o Astarte con altri dei tartéssici con funzioni simili e che potevano anche fornire alcune delle loro caratteristiche originali, in un processo di assimilazione e sincretismo.
Gli oggetti di culto riflettono questo stesso processo, i candelabri di Lebrija imitano i brucia-essenze orientali e il tesoro di El Carambolo copia le tecniche orientali di gioielleria (filigrana, granulazione) e i motivi fenici (rosette).
I santuari erano costruiti con tecniche architettoniche straniere e miti che riflettevano l'iconografia espressa da oggetti che riportavano gli echi dell'Oriente. Ad esempio, nella cintura del tesoro di Aliseda e in una delle piastre d'avorio di Berracón, è raffigurato un personaggio maschile che lotta con un leone. Questa scena sembra fare riferimento a una delle famose fatiche di Ercole, assimilato al fenicio Melqart.
Si è notato che molte necropoli Tartessiche sono separate dai villaggi da corsi stagionali d'acqua, e da qui l'interpretazione del significato dell'acqua come mezzo di transito verso l'Aldilà. Nel tempo si generalizzò il rito orientale della cremazione, senza comunque soppiantare completamente le vecchie credenze del Bronzo finale.
Il declino di Tartesso - Per molti secoli, per millenni si continuerà a parlare dei tartessici, ma dal V secolo a.C., nessuno più si riferirà a Tartesso come ad un regno, e nessuno storico può dirci con certezza quello che è successo. Schulten credeva ad una fine violenta, conseguente alla battaglia di Alalia (535 a.C.), combattuta nelle acque della Corsica fra Greci Focei e l'alleanza Punico-Etrusca. Vinsero i Focei, ma ad un prezzo altissimo, e Schulten pensava che, per ritorsione, i cartaginesi distrussero la mitica città di Tartesso. Altri storici sono meno drammatici e attribuiscono la scomparsa di Tartesso al graduale controllo che i Fenici assunsero nell'industria e nel commercio della zona.
Tuttavia, alcuni dati archeologici non escludono una fine traumatica: dalla fine del VI secolo a.C., si è visto un progressivo declino. Huelva riduce il perimetro della sua popolazione lasciando disabitato il picco della Speranza, il Carambolo è abbandonato precipitosamente, e chi nascose là il suo tesoro, non ebbe il tempo per guardarsi alle spalle. Una grande scultura vicino Porcuna (Jaén) è stata completamente distrutta poco tempo dopo essere stata eretta. Nelle sue vicinanze, a La Guardia de Jaén, leoni di pietra a guardia delle tombe di un cimitero sono stati rotti e le loro parti furono usate come pietre per altre tombe. Qualcosa di simile accade nel santuario di La Cigarrejo (Murcia), dove ci sono preziose statuette votive di uomini e cavalli. Sembra che una rabbia senza limiti e senza rispetto per il sacro sia corsa nel sud peninsulare tartessico. Schulten scrisse: "Dopo la battaglia di Alalia, si combattè una lotta fino alla morte tra Tartesso e Cartagine. I Cartaginesi vennero in Spagna, e più tardi in Sicilia, non solo come concorrenti commerciali, come i fenici di Tiro, ma con un piano di conquista. Nello stesso modo in cui spazzarono via le città greche dalla Sicilia, sin dall'inizio avevano il proposito di conquistare l'impero di Tartesso e distruggerlo".
Tuttavia, nel trattato romano-cartaginese del 509 a.C., Cartagine non rivendica alcun dominio sulla penisola iberica anche se all'epoca Roma ha, rispetto a Cartagine, un tono reverenziale, poiché la potenza marinara punica è nettamente superiore.
L'archeologia ha dimostrato che le colonie fenicie spesso diventavano padrone dei mercati a cui si accostavano. Forse i semiti, seguendo una tradizione storica (come ad Accad nel 2.300 a.C.), non hanno avuto bisogno di impegnarsi in guerre su vasta scala per assumere il potere nei paesi in cui erano in minoranza.
E' stato anche ipotizzato un parallelismo fra il mito di Atlantide e la scomparsa di Tartesso, con una fine causata da un disastro naturale, un terremoto o un'altra causa. La zona centrale del regno di Tartesso era geologicamente instabile, e nella foce del Guadalquivir potrebbe essersi verificato un allagamento improvviso e inaspettato che avrebbe distrutto ogni cosa, forse causato dall'intasamento di qualche braccio del fiume che avrebbe poi distrutto, con la forza dell'acqua, la diga naturale in cui sorgeva Tartesso.
La morte di Tartesso contiene, come molte leggende che hanno fatto sognare nel corso del tempo, lo stesso mistero della sua nascita.
Riferimenti - Nei seguenti libri e link si possono ottenere ulteriori informazioni su Tartesso. In alcuni di loro abbiamo preso testi e i riferimenti all'introduzione storica di questo post. Porgiamo quindi il nostro ringraziamento, e se qualcuno si sente plagiato in un testo, semplicemente ce lo faccia sapere e noi provvederemo a rimuoverlo.
- "Tartessos, tres mil años de enigma". Jorge Alonso. Editorial Genil, Granada, 1983
- "Desciframiento de la lengua iberico-tartessica".Fundación Tartesos S.L. Barcelona, 1996.
- "El templo de Melkart", Gonzalo Millán del Pozo. Imagine Ediciones. Madrid, 2001.
-"Cuadernos Historia 16, nº 40". Blanco, Antonio y Blázquez José María, Tartessos Ed. Información y
Revistas S.A., Madrid 1985.
-"Historia de España Ilustrada" .Regla, Juan.. Ed. Ramón Sopena S.A., Barcelona 1968
-"Ideología Y poder en tartessos y el mundo ibérico". Almagro Gorbea, M. Madrid, 1996.
-"Tartessos y los orígenes de la colonización fenicia en Occidente" Blázquez, J. M. Salamanca, 1975.
-"Tartessos. La ciudad sin historia" Maluquer, J. Barcelona, 1970.
- "Sociedad y mundo funerario en tartessos " Torres Ortiz, M. Madrid, 1999.
-"Reflexiones sobre los escudos de las estelas tartésicas",Boletín de la Asociación Española de Amigos de
la Arqueología, 23 Bendala Galán, M. 1987, pp. 11-17.
-" Historia de España Ilustrada", Regla, J. 1968, Barcelona, Ed. Ramón Sopena.
- "Notas sobre las estelas decoradas del Suroeste y los orígenes de tartessos", Bendala Galán, M. 1977,
en Habis 8, pp. 321-330.
- "Tartessos", Bendala Galán, M. 1985 en Historia General de España y América, Madrid, Rialp,
pp. 595-642.
- "Los enigmas de tartessos "Alvar, J. y Blázquez, J. M. Eds. 1993, Madrid, Cátedra.
- "Tartessos y El Carambolo " Carriazo, J. de M.1973, Madrid.
- "Tartessos" Maluquer de Motes, J. 1979, Barcelona, Destinolibro.
- "Tiro y las colonias fenicias de Occidente "Aubet, Mª E. 1994:. Crítica. Barcelona.
- "Ideología y poder en Tartessos y el mundo ibérico "Almagro, M., Madrid. 1996
- "El hombre de la plata". Arsenal, León. Valdemar 2000
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